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segunda-feira, 18 de fevereiro de 2008

 
I segreti (XV)



Del ritardare gli accidenti della vecchiaia e del prolungare la vita umana

La natura tuttavia non vien meno nelle cose necessarie, nè la perfetta scienza, anzi aiuta a rialzarsi e a insorgere contro le infermità accidentali, così che siano distrutte in parte o completamente. E al principio, quando l'età degli uomini cominciava a diminuire, il rimedio sarebbe stato facile, ma ora, a distanza di cinque millenni e più, è difficile porre riparo. I sapienti, tuttavia, mossi dalle precedenti considerazioni, si sono sforzati di escogitare dei mezzi, non solo contro il difetto del proprio qualsivoglia regime, ma contro la corruzione dei genitori, non per ottenere che l'uomo sia ricondotto alla vita di Adamo o di Artefio, dato che la corruzione va crescendo, ma per prolungare la vita per un centinaio d'anni o più, oltre la comune età degli uomini che ora vivono, così che siano ritardate le malattie della vecchiaia, e se non si possono del tutto impedire, almeno vengano mitigate e sia utilmente prolungata la vita degli uomini oltre la durata che vediamo verificarsi di solito, sempre tuttavia al di qua del termine ultimo della natura. L'ultimo termine della natura è quello che dopo il pecato fu fissato ai primi uomini; altro invece è il termine di ciascuno, secondo la corruzione dei propri genitori. Oltre questi due non avviene mai che si viva, ma bene si può superare il termine che sarebbe imposto dalla corruzione propria. Non credo tuttavia che, alcuno, per quanto sapiente possa ai nostri tempi giungere fino al termine primo, sebbene vi sia la possibilità e l'attitudine della natura umana a quel termine che era proprio dei primi uomini. Ne è strano che questa attitudine tenda all'immortalità, come fu prima del peccato e sarà dopo la risurrezione. Ma se tu dici che nè Aristotele, nè Platone, nè Ippocrate, nè Galeno arrivarono a questo prolungamento della vita, ti rispondo che non arrivarono neppure a molte verità di poco conto, che poi furono conosciute da altri indagatori e perciò poterono ignorare queste grandissime, sebbene vi si affaticassero intorno. Ma troppo si dedicarono ad altri studi e furono condotti più rapidamente alla vecchiaia, consumando la vita in cose comunemente note e meno importanti di quello che sarebbe stato trovare la via di questi grandi segreti. Sappiamo infatti che Aristotele nel libro delle Categorie dice che la quadratura del cerchio è possibile, ma non ancora conosciuta. Egli confessa così di ignorarla e che tutti fino al tempo suo l'avevano ignorata. Ma noi sappiamo che oggi questa verità è conosciuta e perciò tanto maggiormente poteva Aristotele ignorare più profondi segreti della natura. Molte cose anche ora i sapienti ignorano che nel tempo futuro saranno note alla moltitudine degli studiosi. Onde questa obiezione è affatto vana.


Frate Roger Bacon in I Segreti dell'Arte e della Natura e Confutazione della Magia, Capitolo VII, Edizione di 1622.



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